Molte persone, pur coltivando il sogno di mettersi in proprio, si sentono bloccate all’idea di dover aprire una partita Iva: il timore di dover sborsare troppi soldi, per mettersi in regola con fisco e contribuzioni, fa tremare i polsi anche all’individuo più intrepido.
In questo articolo, scopriremo come rilasciare una partita Iva e i relativi oneri da supportare; può darsi che, con l’acquisizione delle giuste conoscenze, i timori possano lasciare il passo a consapevolezze più miti e accettabili.
Cos’è la partita Iva?

La partita Iva è composta da una sequenza di numeri, in virtù dei quali è possibile individuare una società o una persona fisica.
È un codice formato da 11 numeri, dei quali i primi 7 sono legati al profilo del contribuente, i successivi 3 rappresentano il codice identificativo dell’Agenzia delle Entrate, e l’ultimo è il cosiddetto numero di controllo.
Attraverso i numeri della partita Iva è possibile, quindi, identificare lo status fiscale e contributivo del contribuente.
Chi è obbligato ad aprire la partita Iva
Tutti coloro che svolgono la propria attività come liberi professionisti, o come società di beni e servizi, devono pagare l’imposta tramite l’IVA (cioè l’imposta indiretta).
In compenso, non è tenuto all’apertura della partita IVA chi non guadagna più di 5000 euro all’anno, svolgendo esclusivamente attività autonoma. Il soggetto che apre la partita Iva sarà tenuto a fatturare e versare l’imposta al fisco e all’INPS.
Come si apre la partita Iva
Per entrare a far parte del mondo del lavoro autonomo, è necessario compilare un apposito modello di richiesta e inviarlo all’Agenzia delle Entrate.
I modelli possono essere di due tipi:
– Modello AA9/12, per le persone fisiche;
– Modello AA7/10, per soggetti diversi.
Ricevuti i modelli di richiesta, l’ente rilascerà il codice identificativo di 11 cifre, specifico per il tipo di partita IVA richiesto.
L’invio dei modelli sopra citati è indispensabile per poter consegnare la dichiarazione di inizio attività all’Agenzia delle Entrate. Tale documento deve essere inoltrato entro 30 giorni dal calcio di inizio della propria attività.
Il codice ATECO
L’apertura di una partita IVA richiede l’identificazione del proprio codice ATECO, il quale definisce l’attività svolta dal lavoratore autonomo.
Commercialisti e Ragionieri esperti possono aiutare gli utenti del codice ATECO a determinare la percentuale del loro reddito imponibile.
I codici ATECO sono utilizzabili anche per l’iscrizione all’INAIL, ossia l’assicurazione sul lavoro e contro gli infortuni.
Inoltre, i lavoratori devono iscriversi all’INPS per il versamento dei contributi previdenziali.
Regime forfettario e regime ordinario: quale scegliere
Quando si apre una partita IVA occorre scegliere tra regime forfettario e regime ordinario.
Il regime forfettario sostituisce la vecchia aliquota minima predefinita e, per accedervi, occorre soddisfare i seguenti requisiti:
– Riportare un ricavo annuo entro i limiti previsti dalla Legge di Stabilità, ovvero 30.000 euro all’anno;
– Supportare le spese necessarie per lo svolgimento delle attività di collaboratori, per un totale di 5000 euro annui;
– Sostenere le spese per l’ammortamento di beni strumentali, entro i 20.000 euro l’anno.
Oltre al 5% di aliquota sostitutiva di copertura per i primi cinque anni, gli iscritti all’Inps possono usufruire, dopo il sesto anno di regime forfettario, di un tasso pari al 15%.
Tuttavia, con questo tasso di regime non è richiesto il corrispettivo dell’Iva e né la ritenuta d’acconto. Inoltre, nel programma del forfettario non sono obbligatori né gli studi di settore e né le registrazioni di fatture.
Il regime ordinario, invece, è d’obbligo per le persone che guadagnano 30.000 euro annui lordi.
Sono incluse le spese dell’Inps, delle quote camerali, nonché i pagamenti IRPEF, IRAP e lVA.
I costi per l’apertura della partita Iva
In realtà, gli oneri fiscali che pesano sul reddito del lavoratore autonomo non sono da attribuire alla mera apertura della partita IVA, ma bensì per le spese di gestione della stessa.
La partita Iva è ormai apribile anche direttamente online, attraverso l’istituto della Comunicazione Unica-Registro delle Imprese.
I lavoratori autonomi, senza enti previdenziali appositi per la loro categoria, sono tenuti a iscriversi alla gestione separata INPS, la quale prevede aliquote apposite in base alla natura di ogni attività lavorativa.
Riguardo al regime ordinario, bisogna tenere conto anche del costo da sostenere per la nuova IRI, in sostituzione dell’IRPEF e IRAP.
L’IRI sarà calcolata sul 24% del credito risultante in azienda, mentre la parte degli utili utilizzati dall’imprenditore è gravata sempre dall’IRPEF.
Per concludere, prima di avviare le pratiche di apertura della partita Iva, è consigliabile dare un’occhiata alle varie possibilità per accedere ai finanziamenti a fondo perduto, appositamente creati per le nuove leve del lavoro autonomo.
Partita IVA per vendere online
Se si decide di intraprendere la vendita di prodotti in internet, in modo permanente e regolare, è necessario aprire una partita IVA. Per fare ciò, è consigliabile affidare il compito di eseguire tutti i passaggi necessari a un esperto del settore fiscale.
Successivamente, si deve selezionare il regime fiscale da adottare per la propria partita IVA, ovvero quell’insieme di atti da conservare, e comportamenti da tenere, secondo le regole stabilite dalla normativa fiscale.
Per questo, è necessario seguire i seguenti passi:
– Selezionare il codice ATECO relativo al tipo di azienda che si intende avviare. Nel caso di vendita online, qualsiasi sia il tipo di prodotti o servizi erogati, il codice corrispondente è 47.91.10;
– Iscriversi alla Camera di Commercio, con versamento di una quota associativa annua del valore di circa 50 euro;
– Presentare il Certificato di Avvio d’Impresa, al Comune di appartenenza;
– Iscriversi alla Gestione Artigiani e Commercianti INPS, dove pagare i contributi.
Successivamente è necessario decidere il regime fiscale da applicare alla propria partita IVA, scegliendo tra il regime forfettario e quello semplificato.
Differenza tra regime forfettario e semplificato
Il regime forfettario si distingue perché:
– È riservato ai casi in cui il guadagno è stato inferiore ai 65.000 euro, in base alla partita Iva dell’anno precedente, e non persistano altri motivi di esclusione;
– Sul reddito generato deve essere calcolato un coefficiente di redditività del 40% per i venditori online. Con tale coefficiente si ottiene il reddito imponibile per calcolare le tasse dovute;
– La tassazione d’imposta contemplata è quella sostitutiva del 15%, che in determinati casi può essere ridotta al 5%.
Regime semplificato
Le caratteristiche del reddito semplificato sono le seguenti:
– I limiti di accesso a tale regime sono rappresentati da un reddito non superiore ai 400.000 euro, se si vendono servizi, e ai 700.000 euro se si esercita qualsiasi altro tipo di attività.
– Il reddito imponibile si calcola detraendo dal reddito le spese sostenute durante l’anno, come le spese mediche, figli a carico, ecc.;
– Le imposte IRPEF, IRAP e addizionale ecc. sono calcolate sul reddito imponibile.
Va sottolineato che la scelta del forfettario, in merito alla partita IVA per la vendita online, garantisce numerosi vantaggi fiscali e contabili.
Come accedere al 5% di imposta sulle nuove partite IVA per le vendite online
Il 5% di imposta è previsto per i primi 5 anni di attività, ma solo se sussistono le seguenti condizioni:
– Non si deve aver svolto nessuna attività commerciale, anche in impresa familiare, nei tre anni precedenti l’apertura del nuovo e-commerce;
– Nel caso di acquisizione di attività avviata in precedenza da altro titolare, occorre che il fatturato realizzato l’anno precedente da tale attività non abbia superato i 65.000 euro.
Tasse da pagare annualmente per l’ecommerce
Innanzitutto, in quanto commerciante, occorre versare il contributo fisso alla Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS.
Ciò implica che, se il reddito va da 0 euro a 16.243 euro, si deve pagare un contributo fisso di circa 3.983,73 euro all’anno.
Invece, se il reddito supera i 16.243 euro, oltre al contributo fisso, si deve versare una franchigia del 24% sul reddito eccedente.
È possibile, però, pagare meno richiedendo, sul sito INPS, la riduzione del contributo del 35%.
Vendite online e fatturazione
La normativa fiscale prevede che, nella vendita di beni o servizi online, si è esentati dal dover rilasciare documenti commerciali solo se il cliente è privato, ovvero senza partita Iva.
Con clienti in possesso di partita IVA, o quando si ha a che fare con un’azienda, si deve sempre emettere fattura.
Se non si è obbligati all’emissione di fatture o documenti commerciali, si può comunque predisporre un registro (es. un file Excel) per riepilogare gli incassi giornalieri e trasmettere i dati, con la propria partita Iva, al proprio contabile.
In merito alle fatture, è importante notare che dal primo luglio 2022 i contribuenti saranno tenuti a utilizzare la fatturazione elettronica su base forfettaria (ampiamente accettata da chi inizia a vendere online)
Non sono sottoposti a tale obbligo i contribuenti con ricavi al di sotto dei 25 mila euro, fino al 2024.
Saldi e acconti relativi all’e-commerce in regime forfettario
Ecco, di seguito, un esempio esplicativo circa le scadenze da rispettare nel caso di apertura partita Iva relativa alla vendita online.
Poniamo il caso che i ricavi risultanti, al termine del primo anno di attività di un e-commerce, siano pari a un ammontare di 30.000 euro.
Sul ricavo di 30.000 euro occorre calcolare il reddito imponibile, sottraendo il coefficiente di redditività del 40%. Si otterrà, così, un risultato di 12.000 euro.
Sul reddito imponibile, ovvero i 12.000 euro, bisogna calcolare l’imposta sostitutiva del 15%, e corrisponderà a 1.800 €.
Riguardo il contributo fisso di 3.983,73 € (quello dovuto quando non si è superato il reddito imponibile di 16.243 euro annui) si versa a rate nelle seguenti modalità e scadenze:
– 963 €, il 16 maggio;
– 963 €, il 20 agosto;
– 963 €, il 16 novembre;
– 963 €, 16 febbraio dell’anno successivo.
Scadenze per la dichiarazione dei redditi
Da versare il 30/06 dell’anno seguente a quello dell’imposta di riferimento:
1) Il saldo dei contributi minimali eccedenti;
2) Acconto del 40% dei contributi eccedenti minimali;
3) Saldo di imposta sostitutiva annuo;
4) Acconto 40% dell’imposta sostitutiva relativa all’anno in corso.
Nel nostro esempio, nulla si deve versare riguardo ai punti 1 e 2. Mentre, per il terzo punto occorre versare 1.800 euro, e il quarto punto 720 euro (1.800 x 40%).
Quindi, alla scadenza del 30/06 occorre versare 2.520 € rateizzabili, con ultima rata da versare entro il 16/11.
Alla scadenza del 30/11, occorre versare:
– Nessun contributo del 40% degli eccedenti minimali dell’anno in corso;
– Il 60% di acconto dell’imposta sostitutiva dell’anno in corso. Nel nostro caso, corrisponderà a 1.080 euro (1.800 x 60%) da versare, non rateizzabile.
Conclusioni
Abbiamo capito che aprire la tua attività in proprio significherà dover aprire anche la tua Partita Iva, ma questo non deve di certo spaventarti o demotivarti dall’obiettivo di guadagnare un extra mensile da casa o persino rimpiazzare il tuo attuale stipendio.
Se non sai da dove partire per iniziare a vendere prodotti online, allora ti interesserà il videocorso GRATUITO che ho registrato su 3 step per guadagnare online grazie ai cosiddetti “prodotti digitali”. Puoi guardarla anche ora, senza alcun costo, cliccando qua.
Detto questo, ti auguro il meglio per questa nuova avventura!